Dazi USA sugli orologi svizzeri: la riduzione al 15% e il misterioso Rolex da tavolo

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14 Novembre 2025
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Gli Stati Uniti e la Svizzera hanno raggiunto un accordo che riduce i dazi sulle importazioni svizzere di orologi dal 39% (introdotti ad agosto) al 15%, allineando così il trattamento statunitense a quello riservato a paesi e regioni come l’Unione europea e il Giappone. La misura porta un immediato sollievo al settore orologiero elvetico, che aveva visto aumenti di prezzo, spedizioni anticipate verso gli USA e una forte incertezza commerciale dopo l’annuncio delle tariffe elevate.

Secondo comunicati ufficiali e interventi pubblici, la svolta è arrivata dopo una serie di contatti intensi nelle ultime settimane tra funzionari svizzeri e rappresentanti dell’amministrazione statunitense. Il ministro dell’Economia svizzero Guy Parmelin ha parlato di una «nuova dinamica» nei negoziati, mentre il Rappresentante commerciale USA Jamieson Greer ha dichiarato in un’intervista che un’intesa era «essenzialmente» stata trovata e che il compromesso riguarda anche impegni di investimento da parte di gruppi svizzeri in settori come la farmaceutica e la raffinazione dell’oro.

La riduzione delle tariffe è particolarmente significativa per i marchi di alta orologeria: gli Stati Uniti rappresentano uno dei mercati più importanti per l’orologeria svizzera (intorno al 17–20% delle esportazioni secondo diverse stime di settore), ed erano una delle cause principali delle vendite anticipate e degli aumenti di prezzo praticati da nomi come Patek Philippe, Omega, Jaeger-LeCoultre e altri. Yves Bugmann, capo della Federazione dell’industria orologiera svizzera, ha salutato l’accordo come un ritorno di maggiore sicurezza per il comparto.

Lato industriale e finanziario: Richemont e l’impatto dei dazi

Il gruppo Richemont, che controlla maison del lusso come Cartier, Van Cleef & Arpels e marchi orologieri quali Vacheron Constantin e IWC ha segnalato che l’impatto diretto dei dazi nel primo semestre è stato contenuto ma ugualmente significativo: nei documenti e nelle dichiarazioni sul semestre la società ha stimato un effetto di circa 50 milioni di euro dovuto alle misure. Nelle ultime trimestrali Richemont ha inoltre evidenziato una ripresa nel secondo trimestre: l’unità Specialist Watchmakers è passata da una contrazione nella prima parte dell’anno a una crescita nel Q2, trainando una performance migliore delle attese degli analisti. Alcuni analisti (per esempio presso Vontobel) hanno reagito aggiornando posizioni sul titolo alla luce dei risultati.

Oltre ai dazi, il settore deve fare i conti con altre pressioni sui costi e sui margini: l’apprezzamento del franco svizzero nei confronti del dollaro e il forte rialzo del prezzo dell’oro, che ha superato livelli record (intorno ai 4.000 dollari l’oncia secondo le rilevazioni recenti), hanno aumentato i costi di produzione per i modelli in metalli preziosi. Tali fattori, uniti a una domanda mondiale variabile, avevano già inciso sulle previsioni operative delle aziende orologiere.

Il contesto politico e diplomatico

La trattativa è avvenuta nel quadro di contatti ad alto livello: una delegazione di dirigenti svizzeri, con figure di primo piano come il CEO di Rolex Jean-Frédéric Dufour, il presidente di Richemont Johann Rupert e rappresentanti di Partners Group (che controlla Breitling), ha recentemente visitato la Casa Bianca per discutere relazioni economiche e legami commerciali. La portata e la tempistica di questi incontri hanno contribuito a creare il contesto che ha favorito la riapertura del dialogo.

USA e Svizzera: l'intesa sui dazi

Va ricordato che una precedente telefonata tra la presidente svizzera Karin Keller-Sutter e il presidente degli Stati Uniti aveva lasciato aperte tensioni e critiche in Svizzera: il fallimento di quella trattativa aveva in luglio contribuito al clima di incertezza che ha portato all’imposizione iniziale della tariffa del 39%.

Il “table clock” di Rolex

Negli scambi pubblici e mediatici è riemersa una coincidenza che ha attirato attenzione: nei giorni scorsi è stato confermato che Rolex ha donato a Washington un table clock e la notizia è stata messa in relazione, da osservatori e commentatori, con la contemporaneità delle trattative commerciali. Fonti giornalistiche hanno pubblicato la lettera del CEO di Rolex che spiegava il dono come un segno di amicizia tra i due Paesi.

Credits: @watchesofespionage

È però essenziale mantenere rigore nella lettura delle vicende: non esistono, almeno pubblicamente, prove che colleghino direttamente il dono a decisioni ufficiali sulla politica tariffaria.

Conclusione

La riduzione dal 39% al 15% rappresenta un sollievo tangibile per i produttori orologieri svizzeri e per i grandi gruppi del lusso, alleggerendo un colpo che avrebbe potuto avere ripercussioni importanti sui prezzi e sulle vendite negli USA. L’accordo è il frutto di una combinazione di pressione industriale, diplomazia economica e negoziazioni ad alto livello; allo stesso tempo, la vicenda mostra quanto i simboli e le relazioni personali possano influenzare la percezione pubblica di accordi commerciali sensibili. Rimane da vedere come e quando verrà implementata tecnicamente la riduzione tariffaria e quali saranno gli impegni concreti di investimento promessi dalle imprese svizzere negli Stati Uniti.


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