Gli Anni 2010 Nell’Orologeria: Periodo Buio O Orologi Non Compresi?

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25 Febbraio 2025
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Negli anni 2010 l’orologeria si è fatta teatro di audaci sperimentazioni: un decennio in cui il desiderio di innovare ha spinto i designer a rompere con i canoni tradizionali, dando vita a creazioni caratterizzate da diametri più grandi del solito e da un design spesso troppo ambizioso. Questo contesto ha portato alla nascita di orologi dalle dimensioni fuori dalla media, che non sono riusciti a conquistare universalmente il favore degli appassionati. Oggi, con un trend che guarda al ritorno di eleganza e sobrietà, tali modelli vengono osservati con una certa critica, evidenziando come l’eccesso di innovazione possa, in alcuni casi, risultare controproducente.

Lebron James con il suo Royal Oak edizione limitata, nato negli anni 2010
Lebron James con il suo Royal Oak edizione limitata – Credits: SportsMarketing

Tuttavia, questo periodo non è stato solo una fase di eccessi: è stato anche l’epoca in cui il grande pubblico ha cominciato a scoprire e apprezzare le creazioni indipendenti più stravaganti. Queste proposte, inizialmente fraintese o addirittura ignorate, hanno trovato nel clima post-Covid un terreno fertile per il riconoscimento, dimostrando che l’innovazione, anche quella che osa sfidare le convenzioni, può riservare sorprese e nuove prospettive nel tempo.

Questa introduzione si propone di esplorare come gli anni 2010 abbiano rappresentato, al contempo, un periodo di eccessi e di nascita di un nuovo gusto estetico, un decennio che, pur non essendo esente da critiche, ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’orologeria.

Il trend degli orologi con diametri sempre maggiori

Cartier Baignoire
Cartier Baignoire del primo decennio degli anni 2000 – Credits: CollectorSquare

Seppure le decisioni dei grandi marchi, in termini di produzione e design, vengano prese anni prima, esse sono certamente influenzate dai trend e dalle preferenze dei clienti. Un fenomeno che ha fortemente condizionato tali scelte, nel primo decennio degli anni 2000, è stato quello di indossare orologi sempre più grandi, in grado di rendere chi li porta immediatamente riconoscibile.

Mentre in alcuni modelli, figli di questo periodo, come l’Omega Dark Side of the Moon o le nuove versioni dell’ Audemars Piguet Royal Oak Offshore, le dimensioni imponenti sono state dettate dalle esigenze funzionali per cui l’orologio era concepito, il discorso è stato diverso per i modelli più classici, dove i marchi hanno dovuto reinterpretare il concetto originario.

Cartier Santos Chrono XL
Cartier Santos Chrono XL – credits Brandizzi

A mio avviso, un ottimo esempio è rappresentato da quanto fatto da Cartier in quegli anni, che ha proposto nuove versioni dei suoi modelli iconici con un design rivisitato. Tra questi, spiccano alcune versioni del Baignoire, oggi ritornato alle sue proporzioni classiche, e il Santos, che nelle versioni cronografiche era anche arrivato a 43 mm di diametro.

L’orologio complicato per distinguersi

Patek Philippe 5990
Patek Philippe 5990

Un altro aspetto da considerare, parlando dei canoni estetici degli orologi prodotti in questi anni, è la crescente richiesta di orologi sportivi complicati. Tale esigenza ha spinto le case a ridisegnare le casse più iconiche per ospitare movimenti sempre più sofisticati. Un esempio è rappresentato dal Patek Philippe Nautilus 5990, che affianca, alla funzione cronografica – già introdotta dal marchio ginevrino nel 2006 con il modello 5980 – la complicazione Travel Time. A mio avviso, il risultato è un orologio orientato più a soddisfare un’esigenza di impatto visivo che a garantire comfort al polso, ad eccezione probabilmente dei clienti appassionati di orologi di presenza.

Negli ultimi anni, si osserva un ritorno verso il design e la semplicità, in contrapposizione alla tendenza di avere un orologio estremamente complicato. Ne è la conferma l’enorme successo del mercato dei Cartier vintage.

Dal margine alla ribalta: il successo degli indipendenti

Richard Mille RM 052 Skull
Richard Mille RM 052 Skull

Un altro aspetto da considerare di questi anni 2010 è l’ascesa dei marchi indipendenti, che si è soprattutto concretizzata negli anni della pandemia, periodo durante il quale l’interesse verso queste creazioni si è definitivamente affermato.

Seppure alcuni marchi di rottura – intesi come molto distanti dall’orologeria tradizionale, quali Urwerk, MB&F, Richard Mille o De Bethune – esistessero da diversi anni, per loro, affermarsi nel competitivo mercato dell’orologeria, è stato difficile in quanto le loro proposte di design erano davvero lontane dai canoni classici.

MB&F HM6
MB&F HM6

La sperimentazione di nuovi materiali, di forme innovative e di modi alternativi di indicare l’ora ha sempre interessato gli appassionati; tuttavia, ciò che spaventava i clienti nel corso dello scorso decennio erano i listini elevati, giustificati dai consistenti costi di ricerca e sviluppo, per i quali gli acquirenti erano restii a pagare, rischiando così che il mercato non rispecchiasse i loro gusti negli anni successivi.

In questo caso, a differenza delle scelte riguardanti dimensioni e complicazioni, queste innovazioni stilistiche sono state molto apprezzate e, oggi, il settore dell’orologeria indipendente è considerato tra i più stimati.

Conclusione

Per rispondere alla domanda con cui abbiamo aperto questo articolo, non ritengo che lo scorso decennio sia stato un periodo buio per l’orologeria, bensì il risultato delle richieste e delle preferenze dei clienti.

Se, negli anni, le creazioni stravaganti – come le Horological Machines di MB&F – hanno riscosso sempre maggiore apprezzamento, il discorso è diverso per quanto riguarda il trend dei diametri e delle proporzioni superiori alla media.

E voi, cosa ne pensate di queste creazioni dello scorso decennio?


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