Federico Marchetti è un innovatore rivoluzionario, un visionario che ha realizzato i suoi sogni attraverso la sinergia tra il digitale e la moda italiana. Nato a Ravenna, dopo la laurea in Bocconi vola in America per studiare alla Columbia Business School e intuisce le potenzialità incredibili del web, che sta esplodendo. Da lì, un percorso incredibile e un’ascesa vertiginosa fino alla creazione – in Italia – del sito Yoox, che rivoluziona il mondo della moda e le abitudini stesse dei consumatori, che iniziano ad acquistare on line i grandi marchi di moda.
Primo e unico italiano a creare un “unicorno”, cioè una startup capace di raggiungere e superare la valutazione di 1 miliardo di dollari, Federico ci racconta nel suo libro: “Le avventure di un innovatore”, scritto insieme alla giornalista Daniela Hamaui, edito da Longanesi, cosa c’è dietro la creazione di un sogno che sembra impossibile da realizzare.
L’intervista a Federico Marchetti
IWS: Federico, anzitutto grazie per essere qui per condividere con noi il racconto delle tue “Avventure” di un innovatore, la storia del tuo incredibile successo, che è fonte di grande ispirazione. Iniziamo proprio dall’incipit del tuo libro, in cui riveli che “io e il tempo funzioniamo in modo sincrono. Abbiamo degli appuntamenti a cui non posso mancare. Il tempo mi ha sempre affascinato”. Quanto è stato ed è ancora oggi importante per te il tempo perfetto, il timing giusto nelle decisioni, il carpe diem?
Federico Marchetti: Il tempo è un bene prezioso, il nuovo lusso. Molte aziende stanno ripensando la loro organizzazione e sperimentando la settimana lavorativa di quattro giorni per permettere alle persone di dedicare delle ore in più alla cura di sé stessi, agli affetti, alle passioni, ai piaceri. Avere del tempo e saperlo gestire può davvero cambiare la qualità della vita e soprattutto ti fa capire che non stiamo parlando di un’entità astratta ma di attimi concreti, a volte memorabili altre volte no, ma che comunque meritano consapevolezza e attenzione. Io ho cercato di presentarmi puntuale a tutti gli appuntamenti della mia storia.
Avrei potuto rimandare, aspettare, stare a guardare ma non ho mai scelto questa strada perché penso che le opportunità bussino una volta sola e che bisogna rispondere in quel preciso istante. Sono sempre stato sensibile al timing, al momento perfetto per fare una cosa e a quello ancora più giusto per lasciarla. Come racconto nel libro ho scelto l’equinozio di primavera del 2000, quando vendere la moda online sembrava fantascienza, per fondare YOOX; ho deciso che il solstizio d’estate era il giorno perfetto per aprire i suoi battenti online; ho sfidato il gelido dicembre del 2009, dopo il crollo di Lehman Brothers, per quotarla in Borsa e ho scelto il Cyber Monday del 2021 per lasciare la mia carica di AD. Il momento giusto è una costante nella mia vita, molte cose mi sono successe perché avevo aperto quella porta in quell’attimo, in quel giorno, a quell’ora.
IWS: Il tempo è un grande alleato per chi sa cavalcarne e anzi anticiparne le onde rapide e impetuose. Dalla tua storia emerge proprio la tua grande capacità di anticipare i tempi, di essere il primo. Secondo te questa è una dote innata o ci sono dei “trucchi” per fiutare le correnti e arrivare prima degli altri?
Federico Marchetti: Ci sono delle predisposizioni ma tutto si può imparare. Io ho scoperto da bambino quanto fosse importante arrivare prima, prendere tutti dieci, farsi una buona reputazione. Anticipare i tempi è una delle chiavi per creare un’azienda leader: i concorrenti ti guardano, cercano di copiarti ed emulare quello che stai facendo mentre tu sei già un passo avanti e pensi ad un’ulteriore innovazione da provare e implementare. Capire prima dei clienti stessi quali sono le loro esigenze, vuol dire sorprenderli, accontentarli, fidelizzarli, farli sentire al centro dell’attenzione. Se sei un pioniere nella sperimentazione, puoi anche sbagliare ma quando capisci che sei nella giusta direzione la soddisfazione e l’adrenalina sono impagabili
IWS: Sappiamo che sei anche appassionato di arte e di design. Ad esempio ci ha affascinato il racconto della progettazione grafica del sito Yoox, volutamente sofisticata e in bilico fra l’antico e il moderno. Quanto l’estetica e l’arte in generale hanno condizionato la tua vita e che peso specifico hanno rivestito nelle tue scelte?
Federico Marchetti: L’estetica significa tante cose: io amo la grafica, la fotografia, l’arte, la moda e sono convinto che in un sito per esempio, devi catturare l’attenzione del tuo interlocutore. Sempre. Devi tenerlo inchiodato a cosa racconti, e la cura e l’estetica sono un magnete fortissimo. La bellezza non è mai troppa. Quando ho dovuto creare il sito di YOOX, mi sono chiesto: a quali requisiti deve rispondere? Avevo alcuni punti fermi di partenza: doveva essere bello, agile, funzionale, invitare i clienti a navigare, a passare facilmente da un prodotto a un altro ma doveva anche essere divertente e soprattutto diverso dal solito.
Chi arrivava su yoox.com voleva svagarsi, sognare, non solo fare shopping. Chiesi un progetto a una Web Company ma la proposta di grafica non mi convinceva per niente: sembrava Amazon. Pagine bianche con i prodotti piccoli, scontornati. L’impatto era banale, per niente coinvolgente. Cercavo un’alternativa. La trovai con una copia di creativi che disegnarono il sito pensando a un tempio greco, con una dea, un’icona vestita di un desiderio, che ti accoglie nel suo ambiente. L’antico dialogava con il moderno. Il risultato è stato un mix di Silicon Valley e italianità dove la creatività e la bellezza erano parte integrante della tecnologia. Credo che fu una delle chiavi del successo di YOOX, la sua estetica mediterranea e calda.
IWS: Leggendo la tua storia, è evidente quanto il tuo successo sia dovuto alla grande intuizione di valorizzare l’eccellenza italiana. Italians do it better, nella moda (e per quanto ci riguarda anche nel mondo dell’orologeria). Quanto contano le radici e il DNA tricolore nel percorso, anche professionale, di ognuno di noi?
Federico Marchetti: Finito il mio MBA a New York ho capito che più che fermarmi in America, in realtà il mio sogno era creare un’azienda nel mio Paese. Ero convinto che il Made in Italy fosse un atout enorme e volevo legarlo alla tecnologia. Iniziai a collegare alcuni puntini che avevo messo a fuoco e che ritenevo indispensabili: il digitale, l’italianità, la cura per il cliente e la velocità. Pensai ai settori in cui siamo forti, in cui il Made in Italy è un lasciapassare e un sinonimo di qualità e di bellezza, e scelsi la moda. Il mio vantaggio competitivo stava nell’essere italiano, nel vivere dove si crea il fashion che tutto il pianeta desidera. Ero a due passi dagli artigiani, dagli stilisti, dai marchi più di tendenza.
IWS: Nella progettazione del sito Yoox e nella sua evoluzione, hai sempre messo al centro il cliente. È difficile bilanciare le due esigenze, da un lato “rompere le righe” con idee rivoluzionarie e non ancora diffuse fra i consumatori (come all’epoca gli acquisti on line di capi di abbigliamento), dall’altro coccolare il cliente mettendolo al primo posto?
Federico Marchetti: No, non lo è. Soprattutto se il cliente numero uno del sito sei tu, se provi e sperimenti su di te tutto quello che proponi agli altri. Io ero, sono e sarò sempre un cliente. Quando ho creato YOOX sognavo un’azienda nuova, moderna, che guardasse al domani, che mettesse il cliente al centro del mondo. Volevo che chi si collegava al sito provasse esperienze che non aveva mai vissuto prima, conoscesse la moda come non l’aveva mai immaginata e soprattutto volevo che si sentisse libero. Libero di entrare nel sito, libero di abbinare i vestiti seguendo solo la sua fantasia, libero di metterne da parte dieci e di comprarne solo uno o nessuno. Io insistevo sulla user experience, oggi molto di tendenza: per me significava mettersi nei panni del cliente, entrare nel suo immaginario e farlo sognare. Se fai impresa devi sapere che il tuo punto di riferimento è quello.
IWS: Il digitale, con le sue velocità, gli hype fulminei e il consumo immediato spesso rischia di sacrificare il buon gusto (questo accade, per quanto ci riguarda, anche con gli orologi), scadendo spesso nel trash fine a sé stesso. Tu invece sei riuscito a creare un “umanesimo digitale”, dimostrando che la tecnologia può andare di pari passo con la cultura, l’estetica e la ricerca del bello. Come ci sei riuscito?
Federico Marchetti: Io ho due anime che convivono con serenità. Credo nella tecnologia e in un nuovo umanesimo. La mia storia professionale è stata accompagnata dalla tecnologia: l’ho scoperta agli albori, a metà degli anni Novanta e ho scommesso sul digitale quando nessuno in Italia ci credeva. Amo la tecnologia perché sono fermamente convinto che l’innovazione passi da qui. Poi c’è l’altra mia anima, quella che guarda alla creatività, all’imprevedibilità, alla nostra capacità di inventare opere d’ingegno mai pensate prima. C’è la bellezza dell’imperfezione, il fallimento, la ripartenza. Il nome YOOX mette insieme i cromosomi di uomini e donne e la tecnologia e credo nella collaborazione stretta, amichevole, tra macchine, dati, tecnologia e umani. Insieme possiamo cambiare l’universo. E migliorarlo.
IWS: Nel libro racconti che una volta, tramite l’integrazione di YOOX con WhatsAPP, è stato venduto un orologio da 140mila euro ancor prima che finisse sul sito. Pensi che il mercato degli orologi, pur così particolare, possa affermarsi nel web come è avvenuto per l’abbigliamento?
Federico Marchetti: Assolutamente sì, infatti con Net-A-Porter lanciammo con successo la sezione orologi tra i primi retailer al mondo, e non solo i brand di Richemont ma anche tanti altri, non per ultimo Hermès.
IWS: Amarcord di Fellini è uno dei tuoi film preferiti e, in generale, Amarcord potrebbe essere un fil rouge della tua vita, con riferimento all’importanza di tanti ricordi che hanno costellato la tua vita. A questo proposito, siamo curiosi di sapere se c’è un orologio a cui sei legato e che ti ricorda qualche momento particolare?
Federico Marchetti: Mi piacciono gli orologi vintage, ne ho diversi. Quello che indosso nella foto è un Calatrava del 1955, quadrante nero, a cui sono molto legato.
IWS: Digitale e sostenibilità: cosa lega questi due mondi, all’apparenza così distanti? Hai affermato nel tuo libro che quella del Green è una stella polare che hai abbracciato sin dal 2009, con la creazione della piattaforma Yooxygen, e che continui a seguire con tanti progetti, che ti vedono coinvolto anche con il Re di Inghilterra Carlo: cosa si può fare oggi in questa direzione?
Federico Marchetti: La prima volta che mi sono occupato di sostenibilità era presto, troppo presto. Nessuno capiva veramente perché avevamo varato un piano così ambizioso e green. In realtà poi è stato un vantaggio perché essere partiti prima ci ha concesso di fare diversi passaggi nel corso degli anni. Per quanto il mio percorso verde, quando ho incontrato il Principe Carlo – allora non era ancora Re – e mi ha chiesto di fare un progetto che unisse i nostri due paesi, abbiamo creato una collezione sostenibile disegnata da giovani artigiani che usavano i dati per creare capi rispettosi della natura e delle esigenze dei clienti.
Da lì è iniziata la mia collaborazione con il Principe che mi ha proposto di presiedere la Fashion Task Force, all’interno della SMI. Insieme abbiamo portato avanti delle iniziative molto concrete e attuabili come il Passaporto digitale che consente di conoscere il passato e il futuro di un capo e ci siamo occupati di agroforestazone rigenerativa sia sull’Himalaya che in Italia. Di recente ho parlato alla plenaria della Green Zone di Cop28 a Dubai per presentare un progetto in grado di abbattere l’impronta carbonica dell’industria dell’abbigliamento, una tra le più inquinanti al mondo.
IWS: Federico, il tuo libro per noi è stato fonte di grande ispirazione, la tua storia è una iniezione di fiducia incredibile, una lezione sull’importanza del rischio, dell’etica del lavoro, dell’immaginazione. Qual è il messaggio principale che volevi trasmettere raccontando la tua storia incredibile?
Federico Marchetti: La molla di partenza era aiutare ragazze e ragazzi che in Italia spesso non vedono un futuro, ad avere fiducia, a credere in loro stessi. Ho raccontato la mia avventura per convincerli che non c’è bisogno di avere dei santi in Paradiso o una famiglia ricca e potente per arrivare; è meglio puntare sulla passione, sulla determinazione, sul lavoro e trovare un’idea giusta, che funzioni. Ma in realtà oltre ai giovani, mi sono rivolto alle persone di tutte le età che hanno voglia di cambiare vita ma non ne hanno coraggio, per invitarle a provare, a scaravoltare tutto e ripartire da qualcosa che faccia battere il cuore. La mia storia racconta di un giovane che sognava l’America, l’ha raggiunta, ma poi ha realizzato che voleva fare l’imprenditore nel suo Paese perché nessun altro posto gli avrebbe offerto le stesse possibilità. La mia è una storia americana Made in Italy.
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