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Il Primo Cronografo Automatico della Storia: la Straordinaria Corsa di Heuer, Zenith e Seiko

DATA
17 Giugno 2022
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Quella cronografica rappresenta indubbiamente una delle complicazioni più desiderate nel panorama orologiero. Riscuotendo successo dai più giovani fino ad un pubblico più maturo e consapevole, è forse l’unica complicazione in grado di mettere d’accordo una delle fette più ampie del mercato internazionale.

Senza cedere alla malinconia provo a chiudere gli occhi e a ritornare bambino. Non riesco ad immaginarmi senza il mio inseparabile Casio DW-6600B G-SHOCK, che più di un orologio sembrava un’astronave, ma poco importava, si cronometrava praticamente ogni cosa, ed ognuno di noi ragazzini ne possedeva uno quasi come fosse il vero e proprio tratto distintivo del branco.

Non ce la faccio, troppi ricordi… cit.

Riapro gli occhi ed eccomi qui, a 36 anni, più consapevole e maturo (forse…), a puntare un Breitling Chronomat Evolution del 2005… già, il fascino del crono…

Breitling Chronomat Evolution ref. B13356 Credits: catawiki

Ma da dove viene tutta questa attrazione secondo voi? 

Probabilmente dalla storia che contraddistingue questa magnifica complicazione, fatta di grandi sfide, grandi personaggi e grandissime maison a contendersi lo scettro del migliore a suon di segnatempo incredibili.

Ebbene cari amici di IWS, oggi vogliamo farvi gustare una fetta di questa storia straordinaria andando a rivivere, quella che secondo noi, è stata la challenge più entusiasmante mai avvenuta nel mondo dell’orologiera: la corsa al primo cronografo automatico…

Siete pronti? 3… 2… 1…si parte!

Una Nuova Esigenza 

Sebbene la misurazione del tempo per compiere una determinata azione fosse già in voga nel corso del XVII secolo, la prima vera e propria Epifania nel settore (ne seguiranno altre che vedremo in seguito) avvenne circa nel 1844 quando il poco più che trentenne Charles Victor Adolphe Nicole fresco di matrimonio, brevettò un cronografo equipaggiato da una camma particolare che permetteva il ritorno a posizione zero della lancetta dei secondi, così da potere effettuare misurazioni cronometriche con maggiore semplicità e immediatezza. Più tardi, sempre il visionario Nicole nel 1862, perfezionò la sua invenzione introducendo le funzioni di avvio, arresto e rimessa a zero della lancetta dei secondi, praticamente le tre funzioni necessarie e fondamentali di ogni crono.

Intravedendo le immense potenzialità di questa complicazione, numerose maison del settore si interessarono all’invenzione di Monsieur Nicole con l’obiettivo di perfezionare il meccanismo e renderlo commercialmente appetibile per la distribuzione sul grande mercato.

Siamo a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, è una fase di passaggio all’interno della quale la realtà europea sta iniziando un processo complesso di mutazione sotto molteplici aspetti. 

La seconda rivoluzione industriale è in pieno corso di svolgimento, le città, a discapito delle campagne, diventano sempre più popolate, ed inizia a prendere vita ciò che oggi definiremmo frenesia. Se fino ad allora, o quasi, il tempo veniva concepito esclusivamente attraverso la stagionalità, oggi diventa un bene prezioso da misurare e tenere da conto, sul quale distribuire saggiamente attività e risorse. 

Capite bene che ci troviamo per la prima volta nella storia uniti dalla necessità di dover tenere sotto controllo il tempo e con esso le attività attraverso le quali dobbiamo spenderlo.

I Primi Esemplari 

Fornito il contesto storico all’interno del quale ci stiamo muovendo, e senza entrare troppo nello specifico rispetto a modelli e funzioni (per quello vi rimando all’articolo completo riguardante le varie tipologie di cronografi cliccando qui) spingiamoci oltre e cerchiamo di scoprire quali siano stati i primi cronografi dell’epoca.

Partiamo col dire che nella realtà dei fatti i primi crono da polso della storia non erano nient’altro che orologi da tasca adattati, pertanto caratterizzati da dimensioni piuttosto importanti, non così comodi da indossare. La primissima maison ad ingegnerizzare un modello crono con dimensioni più gentili fu la Moeris SA, nobile casato dell’epoca particolarmente incline alla realizzazione di cronometri ad elevata precisione. 

Moeris - Chronograph marriage watch - Uomo - 1901-1949 - Catawiki
Moeris SA Chronograph. Credits: catawiki

Sulla scia di Moeris non rimasero a guardare maison come Lemania, Universal Genève ed Eberhard che in breve tempo brevettarono e lanciarono sul mercato alcuni dei cronografi mono pulsante più interessanti della storia.

Eberhard Monopusher anni ’20. Credits: lorologiese
Lemania Monopusher anni ’30. Credits: catawiki
Universal Genève anni ’20-’40. Credits: orologi360

La svolta, considerata come vera e propria seconda Epifania del mondo dell’orologeria di settore, fu l’avvento dei cronografi a due pulsanti. Il primissimo, manco a dirlo, fu Breitling nel 1933, che inserì sul mercato il capostipite della linea Chronograph caratterizzato dagli iconici doppi pulsanti, uno dedicato all’avvio e all’arresto, e l’altro invece all’azzeramento, rispettivamente collocati sul lato destro della cassa ad ore 2 e ad ore 4.

1933 breitling chronograph
Breitling Choreograph 1933. Credits: gearpatrol
Breitling advertisement 1933. Credits: giornaleorologi

La terza Epifania nel settore si ha con l’introduzione della complicazione Flyback, realizzata per la prima volta su larga scala da Longines nel 1936. Le origini di tale meccanismo derivano dal mondo dell’areonautica militare, da sempre impegnata nella ricerca e nello sviluppo di strumenti cronografici in grado di facilitare la misurazione di intervalli di tempo, permettendo dunque di rilevare anche i tempi intermedi riferiti a un determinato evento. Sostanzialmente, premendo e mantenendo premuto il secondo pulsante, le lancette vengono azzerate, consentendo di rilevare la tempistica. Una volta che il pulsante viene rilasciato il cronografo avvierà una nuova misurazione e così via. La comodità chiaramente risiede nella maggiore facilità con la quale vengono pilotati i pulsanti del crono, sostanzialmente invece di tre volte sarà sufficiente azionarli solo due volte. 

Longines Flyback anni ’30

Quasi parallela all’Epifania che ha portato in dono la complicazione Flyback si sviluppa la quarta Epifania del settore, che porta con sé l’introduzione del cronografo rattrappante. Nonostante l’invenzione fosse già apparsa sugli orologi da tasca ed appartenesse a Monsieur Perrelet, padre del movimento automatico, il primissimo cronografo da polso della categoria sembra sia stato un Patek Philippe del 1923. La denominazione rattrappante si riferisce a una seconda sfera centrale dei secondi deputata al conteggio dei tempi intermedi.

A. Lange & Sohne 1815 Rattrappante Honeygold “Homage to F. A. Lange” Limited edition

Azionando la funzione rattrappante difatti, entrambe le sfere dei secondi iniziano a correre in contemporanea. Una volta azionato il terzo pulsante la seconda sfera dei secondi si arresta mentre l’altra continua il cronometraggio, permettendo di rilevare il tempo intermedio. Agendo nuovamente sul pulsante, la sfera riparte andando a recuperare (e da qui il termine rattrappante da francese rattraper ossia recuperare) la distanza persa con la lancetta rimasta in corsa, sovrapponendosi.

La Corsa al Primo Automatico

Abbiamo ripercorso la storia dei primi cronografi, apprezzato le differenti complicazioni di cui sono stati muniti, e perché no ce li siamo anche immaginati al polso, pilotando una stratosferica Alfa Romeo 6C 2500 Spider del ’39…

1939 Alfa Romeo 6C 2500 SS Spider Corsa | Alfa Romeo | SuperCars.net
Alfa Romeo 6C 2500 Spider. Credits: supercars

Ma andiamo oltre e facciamo un balzo negli anni ’60.

Siamo in piena guerra fredda, la costante battaglia tra Oriente ed Occidente, purtroppo ancora di moda ai giorni nostri, vede Stati Uniti e Russia gareggiare per la conquista dello spazio, i ragazzi  di tutto il mondo si lasciano rapire dalle note dei Beatles, dei Rolling Stones e dal rock & roll di Elvis, il tutto mentre Neil Armstrong si sta allenando per la sua speciale “first dance on the Moon”.

E nel mondo dei segnatempo invece cosa sta succedendo? Beh ragazzi, se la gara allo spazio rappresenta una delle corse più entusiasmanti che la storia della tecnologia ha da offrirci, la bagarre che si sviluppa nel mondo orologiero verso la realizzazione del primo cronografo automatico non è da meno, rappresentando senza ombra di dubbio l’obiettivo principale dei più noti players di quel periodo.

Il Consorzio Chronomatic 

Ai blocchi di partenza il ruolo del favorito era occupato dal consorzio Chronomatic, associazione  messa in piedi ad hoc dai top del top del settore: Heuer, HamiltonBuren, Breitling, ed in fine Dubois Depraz. Per intenderci, è un po’ come se formassimo una squadra pescando campioni da Real, Barça, Manchester UTD, City, PSG e Milan… niente male vero?…

Per dirla tutta, Breitling si presentò successivamente, chiamata in causa per dare nuova linfa economica al progetto Chronomatic.

Difatti, in piena corsa, ci si accorse che i fondi richiesti non erano più sufficienti per coprire il proseguo del progetto, pertanto il consorzio decise di rivolgersi direttamente a Breitling, il quale, sebbene storico rivale di Heuer, mise da parte i dissapori e accettò entusiasta la proposta fiutando probabilmente la grandezza della sfida.

Iniziano anni di sperimentazione, di ricerca e di sviluppo, anni di fondamentale importanza che  culminano con la presentazione al mondo, in data 3 marzo 1969 (tenete bene a mente la data ai fini della corsa), del Calibre 12 affiancato dalle varianti Calibre 11, Calibre 14 e 15

HEUER Carrera caliber 12 Ref 110573 – Watch Montre Paris
Heuer Calibre 12 cronografo automatico. Credits: Watchmontreparis

Trattasi di movimenti meccanici a carica chiaramente automatica equipaggiati da microrotore. Nonostante la loro conformazione modulare il crono viene considerato da molti come “integrato” e non come un modulo aggiuntivo. Nella realtà dei fatti il concetto stride un pochino se pensiamo che le funzioni cronografiche sono affidate ad un blocco a sé stante. Il bilanciere oscilla a circa 21.600 alternanze/ora mentre la riserva di carica è pari a 42 ore.

Una grossa particolarità che contraddistingue questo movimento è la disposizione dei comandi. La corona di carica infatti la troviamo a sinistra mentre i pulsanti che pilotano il crono sono disposti classicamente a destra.

Heuer Carrera ref.1153. Credits: analogshift

Zenith El Primero

La modestia non è una qualità conosciuta in casa Zenith, e forse questo è anche un bene, considerata l’allure che si portavano dietro Heuer e i suoi compagni di merende in casa Chronomatic… se in più aggiungiamo il fatto che la maison di Le Locle non godeva a quel tempo della stessa popolarità dei suoi competitors, capite bene che occorreva un nome altisonante, un nome che si facesse notare prima ancora dell’aspetto tecnico, prima ancora dell’estetica, e forse, perché no, prima ancora del brand… Ecco il lampo di genio signori, arriva El Primero

La sfida dell'alta frequenza, da Zenith a Seiko e oltre | Watchinsanity
Zenith El Primero. Credits: watchsanity

Gli ingegneri di Zenith non tradiscono le aspettative: il crono, a differenza della concorrenza, è veramente integrato al meccanismo, e non affidato a un modulo aggiuntivo. Il numero di componenti di cui è costituito è di circa 280 di cui 225 differenti. Il bilanciere liscio oscilla ad una frequenza pari a 36.000 alternanze/ora, circa 1,5 volte maggiore rispetto al Calibre 12,  permettendo così di raggiungere una precisione nella misurazione pari a un 1/10 di secondo, contro la precisione della concorrenza pari a circa 1/8 di secondo.

Le funzioni cronografiche sono pilotate e gestite attraverso una ruota a colonne, abbandonando definitivamente leve e camme. Il rotore centrale permette la carica in modo bidirezionale, di cui la riserva è pari a circa 55 ore.

Zenith El Primero advertisement. Credits: watchinsanity

Completano l’opera d’arte le dimensioni complessive del meccanismo, che con i suoi 30 mm di diametro e 5,7 mm di spessore, risulta più contenuto rispetto alla concorrenza. 

Non solo una questione di tecnica, ma anche di velocità di marketing, tant’è che i furboni di Zenith pensarono bene di anticipare Heuer & co. presentando alla stampa El Primero con circa due mesi di anticipo rispetto al rivale Calibre 12, in data 10 Gennaio 1969. Un’ulteriore curiosità che aggiunge fuoco all’impresa è rappresentata dalla collaborazione con Movado. Verso la fine del 1968, saputo che il consorzio Chronomatic non era lontano dall’impresa, Zenith si rivolse a Movado con l’obiettivo di ottenere un aiuto sia di tipo economico sia di tipo tecnico finalizzato alla realizzazione del nuovo calibro. Movado, abile e intelligente produttore, considerata l’importanza della sfida, ma soprattutto la storica rivalità con Hamilton, non si lascio formulare la proposta due volte entrando attivamente nella compagnia di El Primero da protagonista.

Il buon caro e vecchio stile Nipponico… Seiko

In poche parole lo stile nipponico di Seiko? Savoir-faire, competenza tecnica, gusto estetico e quello stramaledettissimo modo di fare le cose tipico del primo della classe.

Mentre tutti sono impegnati a celebrare la conquista del primo cronografo automatico, la maison Giapponese, capitanata dal presidente Hattori San, perché in lingua Nihongo la parola “Signor” è categoricamente indicata dalla sillaba San antecedente il nome di famiglia, prima si complimenta con Heuer e i suoi fratelli di consorzio per i risultati raggiunti in tipico stile orientale, poi, sempre in tipico stile orientale, cala il pezzo da novanta, presentando al panorama orologiero internazionale il Calibro 6139, anch’esso crono, anch’esso automatico…

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Seiko calibro 6139. Credits: chrono24

In buona compagnia ai primi cronografi automatici della storia, questo capolavoro di Seiko presenta alcune caratteristiche davvero interessanti. Prima su tutte è la ruota a colonne ad innesto verticale, primissimo a montarla nel settore. Il bilanciere oscilla a circa 21.600 alternanze/ora permettendo la suddivisione del secondo in quarti. La misurazione inoltre consente di registrare tempi fino a 30 minuti. Degna di lode, viste le dimensioni del meccanismo, 27,4 mm di diametro e 7,9 mm di spessore, l’integrazione della complicazione di data e giorno della settimana.

Un aneddoto abbastanza affascinante: sapevate che il calibro 6139 è stato il primo cronografo automatico a viaggiare nello spazio? La storia racconta che la NASA, non riuscendo a fornire a tutti gli astronauti del programma spaziale l’orologio ufficiale per le missioni Apollo, l’Omega Speedmaster, permise l’utilizzo di altri segnatempo personali. Su tutti viene ricordato il colonnello William Bill Pogue il quale portò con se per tutti gli 84 giorni nello spazio nel corso della missione Skylab4 il suo inseparabile Seiko 6139 dimostrando al mondo intero il perfetto funzionamento di un orologio automatico anche a gravità zero.

Seiko “Pogue” 6139-6002. Credits: catawiki

Conclusioni

Cosa aggiungere amici di IWS, dopo aver assaporato una delle storie più affascinanti e incredibili che il mondo dell’orologeria abbai mai conosciuto, e rivissuto, attraverso il tridente delle meraviglie Heuer, Zenith e Seiko, lo spirito intraprendente che caratterizzava i mitici anni ’60, è arrivato il momento di lasciare spazio ai bilanci, cercando di focalizzare meglio il significato di questa corsa mozzafiato al primo cronografo automatico della storia.

Per farlo mi prendo l’impegno di essere sintetico pertanto, a specifica domanda “con quali e quante parole riassumeresti questa storia” non potrei che rispondere in questa maniera:

Tre parole:

Visione perché non c’è nulla di più concreto che avere sogni (ricordatelo bene).

Determinazione perché la sintesi del successo passa senza dubbio attraverso il duro lavoro.

Competizione perché quella sana fa stra benone a tutti ragazzi, e questi sono i risultati…


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