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La Luminescenza Degli orologi: La Storia Dei Materiali Luminosi

DATA
06 Giugno 2022
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Al giorno d’oggi l’oscurità è difficile da trovare, anche a causa del forte inquinamento luminoso del nostro ambiente, ma negli scorsi secoli la realtà era diversa, l’elettricità non era cosa così diffusa e c’era quindi bisogno di orologi che indicassero il tempo anche in condizioni di luce o visibilità difficili.

Fin dall’inizio del XX secolo, i vantaggi e gli svantaggi dei vari metodi chimici hanno plasmato il modo in cui i materiali luminosi vengono applicati agli orologi; sì perché un orologio brilla nell’oscurità grazie a materiali luminosi, più comunemente chiamati “lume”, che si trovano tipicamente sul quadrante, sulle lancette e talvolta sulla lunetta.

Possiamo suddividere le tipologie di luminescenza in due grandi categorie, Luminescenza auto-prodotta e Luminescenza indotta.

Le prime sperimentazioni: luminescenza auto-prodotta

La luminescenza auto-prodotta è stata, per gran parte del Novecento, la scelta preferita dai produttori, la sua caratteristica principale, e suo punto di forza, è che l’orologio non necessita di essere esposto alla luce per attivare la luminescenza; l’emissione luminosa è determinata dall’interazione tra le due componenti della pasta luminescente, un radionuclide e lo scintillatore.

Nonostante a questo punto potremmo rischiare di perderci nei dettaglia della chimica, basti sapere che un radionuclide è un atomo radioattivo che, decadendo, emette energia sotto forma di radiazioni, mentre lo scintillatore riceve l’energia radiante dal radionuclide e la converte in emissione luminosa visibile.

A dare il via all’uso della luminescenza auto-prodotta fu la scoperta della radioattività da parte di Marie e Pierre Curie, ma fu la scoperta del Radio nel 1898, già noto perle sue proprietà auto luminose, ad aprire all’applicazione di questi materiali luminescenti nell’orologeria. Guido Panerai, pioniere italiano nel campo dell’ottica e degli orologi, fu il primo a brevettare, nel 1914, un fosforo chiamato “Radiomir”, in cui l’energia prodotta dal decadimento radioattivo del bromuro di radio, viene stimolata dal solfuro di zinco, facendo così brillare permanentemente la sostanza fluorescente.

Il radio è un elemento chimico fortemente radioattivo con una emivita, ovvero il tempo necessario affinché si dimezzi l’emissione radioattiva di una data quantità del materiale, di 1600 anni. Fu la prima guerra mondiale che contribuì a garantire un’elevata domanda di orologi la cui luminosità era indipendente dalla luce, come ad esempio i Panerai Radiomir forniti alla Regia Marina Militare Italiana fino al Secondo Conflitto Mondiale.

Gli orologi erano relativamente sicuri per chi li indossava, poiché la radiazione emessa dal radio nell’aria è di pochi centimetri e viene contenuta dalla cassa dell’orologio stesso. Tuttavia, questo non valeva per i lavoratori dei laboratori che lavoravano all’open watch e in particolare sono venuti a contatto con il materiale luminoso.

Per dare un’idea del potenziale nocivo della sostanza, basti pensare che negli anni Trenta, le Radium Girls, le Ragazze del Radio, lavoratrici a stretto contatto con la pasta luminescente, leccando i pennelli con cui applicavano la vernice a numeri e lancette, per renderli più appuntiti, contrassero gravi malattie che portarono molte di loro alla morte. Furono esposte a quantità di radio che nessun proprietario di orologi sperimenta semplicemente portandolo al polso, tuttavia, gli orologi con pasta luminescente al radio restano pericolosi. Basti pensare che i Panerai Radiomir degli anni Trenta hanno necessitato di una “bonifica”, prima di poter essere esposti presso il museo della Casa produttrice a Firenze.

L’introduzione della luminescenza indotta

La naturale conseguenza fu che, a partire dagli anni sessanta fu introdotta una nuova sostanza, il Trizio, una pasta a luminescenza indotta. La vernice a luminescenza indotta non ha una fonte autonoma di energia, necessita infatti di ricevere dall’esterno una “carica” nella forma della normale luce diurna; carica che scema gradualmente, man mano che si trasforma in luminescenza rilasciata. Questo fenomeno, chiamato fosforescenza, ha una durata massima di cinque o sei ore, performance nettamente inferiori a quanto garantito dalla pasta a luminescenza auto-prodotta.

Scritta “Swiss – T < 25” per indicare “Trizio emissioni inferiori a 25 MilliCurie”

Di contro però, gli orologi con pasta luminescente al Trizio sono intrinsecamente più sicuri in quanto, rispetto al radio, questo isotopo è molto meno radioattivo e decade in una decina d’anni. Molti collezionisti sanno che gli orologi Rolex prodotti tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta riportano sul quadrante la dicitura” T < 25“, che sta per “Trizio, emissioni inferiori a 25 milliCurie”, valore che la legge svizzera, nel 1962, sancisce come sicuro per gli esseri umani. La tinta luminescente negli orologi vintage al Trizio tende a mutare colore col tempo, virando al giallo intenso o all’ocra.

I materiali Luminova

Un vero cambio di paradigma avvenne nel 2000, con lo sviluppo di due materiali innovativi, Luminova e Superluminova, da parte di una joint venture svizzero-giapponese; in questo processo i pigmenti vengono portati ad un livello energetico più elevato, attraverso il contatto con luce artificiale o diurna, più completa è la stimolazione, più luminoso sarà il bagliore che ne segue.

Moser & Cie Heritage Dual Time con quadrante Luminova

A differenza del Trizio, che ha un tempo di dimezzamento di circa 16 anni, questo effetto è invece permanente con il rivestimento Luminova o SuperLuminova. È corretto precisare che, trattandosi di un processo di carica e scarica, la luminosità diminuisce nel tempo e deve essere ricaricata. L’uso di tali fotoluminescenze ha prevalso anche a causa delle severe norme sull’uso e lo smaltimento di materiale radioattivo, oltre che per motivi di costo e di sicurezza.

Jaeger-LeCoultre Polaris Date con indici e lancette SuperLuminova

Negli anni novanta, l’uso del Trizio nell’orologeria si è completamente interrotto. Nel 2008 Rolex fa un nuovo passo avanti in questa materia, debuttando con il quadrante Chromalight sul Deepsea Sea-Dweller; questa volta, anziché verde, il composto fluorescente brevettato da Rolex, emette un bagliore blu nell’oscurità.

Per creare il quadrante Chromalight Rolex è partita da una polvere di ossido di metallo ultra fine, composta da stronzio di alluminio, disprosio ed europio; la sua produzione richiede un processo intricato e delicato, finalizzato ad ottenere il corretto equilibrio dei materiali.

Rolex Sea-Dweller con indici luminescenti Chromalight. Credits: Rolexmagazine.com

La miscela viene quindi riscaldata per formare dei cristalli, attraverso una reazione che avviene ad alte temperature controllate; a questo punto, il materiale luminoso ha la forma di una polvere cristallizzata e, sebbene già risplenda in risposta alla luce, non è in una forma che ne consenta l’applicazione alle lancette e agli indici di un orologio.

Affinché possa essere utilizzato per rifinire le minuscole superfici che compongono il quadrante dell’orologio, questo potere luminoso deve prima essere trasformato in una vernice liquida; viene quindi combinata con una resina liquida prima di poter essere applicata su lancette, indici e qualsiasi altro dettaglio che debba rispendere al buio. Secondo Rolex, il Chromalight può durare fino a otto ore, più del doppio della durata di altri materiali luminescenti.

Naturalmente, sono necessari un processo di applicazione incredibilmente dettagliato e un rigoroso controllo di qualità per applicare la quantità esatta per assicurarsi che tutto il Chromalight si illumini correttamente ed uniformemente.

Considerazioni finali

In conclusione, anche se lo sviluppo e il progresso di Luminova, Super Luminova ed infine Chromalight, abbiano trovato il modo di utilizzare sui quadranti materiali luminosi innocui per l’uomo, le discussioni sui vantaggi e gli svantaggi rispetto agli orologi al Trizio rimangono vive.

La rapida diminuzione della luminosità dei rivestimenti Luminova, oltre alla sensibilità del materiale all’umidità, restano le critiche più importante mosse da molti appassionati di orologi. Al contrario, il Trizio ha un lungo tempo di dimezzamento, nel quale è garantito un livello costantemente elevato di luce continua; inoltre l’applicazione della patina e il cambiamento di colore, viraggio, degli indici è ritenuti un valore aggiunto di bellezza, ancora oggi apprezzato dai collezionisti, complice ance la decisione delle maison, di non produrre più orologi al Trizio, i modelli di questo periodo acquistano un valore di rarità.

Confesso che io stesso possiedo un Rolex Explorer II ref. 16570, con quadrante trizio virato, che indosso proprio ora mentre sto scrivendo e devo dire che gli indici color crema danno una sensazione di calore molto piacevole e romantica mentre si legge il quadrante, una piccola coccola.

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